terça-feira, 10 de novembro de 2009

Credenti per convenienza

La scorsa settimana ho seguito, tramite internet, l'evoluzione del putiferio sorto successivamente ad una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sulla questione del crocifisso nelle aule scolastiche.

Sorvolo su quei cittadini che, dall'alto della propria cultura politica e civica, tuonavano nei forum contro questi trombati della politica che vanno a scaldare le poltrone (non comprendendo forse la differenza tra un organo elettivo, come il Parlamento Europeo, ed una Corte).
Sui media, una pletora di credenti dell'ultima ora si e'lanciata in dissertazioni su come questo simbolo sia punto unificante della nostra identita' nazionale, su quanto noi come italiani dobbiamo al cristianesimo (leggesi tra le righe Chiesa Cattolica) nella costituzione della nostra cultura e del nostro modo di essere. A parte l'ovvia e voluta confusione tra il simbolo di una religione e un'istituzione religiosa come la Chiesa Cattolica, che non ha il copyright del Cristianesimo, mi sono chiesto se davvero io come italiano, possa dovere qualcosa a questa religione come elemento fondante della mia identita'. Considerato l'atteggiamento ostile tenuto dallo Stato Pontificio verso i tentativi di unita' dell'Italia nel corso del XIX secolo, non e' forse il contrario? Se fosse dipeso da quello Stato, esisteremmo noi come cittadini di una nazione unitaria? O saremmo ancora divisi in minuscoli Paesi?
Oltre a cio', la cultura dei diritti universali, della liberta' di pensiero, della tolleranza alla base del nostro vivere civile non e' figlia del pensiero liberale e dell'Illuminismo, cui la Chiesa Cattolica si e' opposta con forza per secoli?
Ordunque, di cosa cianciano questi baciapile di convenienza?

Nno sarebbe piu' opportuno affiggere l'immagine del Presidente della Repubblica, o il tricolore, o il primo articolo della Costituzuione nelle aule scolastiche? Non sarebbero questi simboli di un'identita'nazionale a prescindere dal credo religioso o politico?

Avrei piacere di lasciare qui un link ai Dialoghi Platonici, quelli della trasmissione Decameron di D. Luttazzi. Non riesco a trovarli, mi riprometto di reperirli. Nel frattempo, chi ha voglia penso li possa reperire su youtube.

quinta-feira, 17 de setembro de 2009

Il gusto del posticcio

Ormai sono due anni abbondanti che vivo in questo Paese e devo dire di essere contento della vita che pian piano sto costruendo qui; temo che in Italia avrei avuto molte più difficoltà.

Lo ammetto, qui non è tutto rosa e fiori, ma a differenza di altri miei connazionali non me la sentirei di sputare sentenze, negative, su questa nazione, intesa come luoghi e persone. Non credo i britannici abbiano buon gusto (nel cibo, nel vestire, nell'arredamento) né che sappiano realmente divertirsi, visto che da venerdì pomeriggio a domenica lo sport più diffuso è bere alcolici. Tuttavia sono persone gentili, disponibili, dedicate al proprio lavoro, con un'etica ed un senso civico molto più sviluppato di quello degli italiani, in media. Il tempo qui è molto variabile, la pioggia è un evento che può sempre capitare, anche in una giornata radiosa; allo stesso tempo su Londra non incombre quella cappa di grigiore e fumo che appesta Torino in inverno o nelle afose giornate di luglio e se piove non è per più di un giorno di seguito, in genere.

Una cosa mi disturba molto, però, e mi ha toccato in particolare quando ho accompagnato Rosita e Marana, due amiche in visita, per Londra. E' il gusto per il posticcio, per i falsi edifici di pregio, per le ricostruzioni "in stile" di rioni o quartieri per fini puramente commerciali, al limite del disneyano, senza alcun reale interesse per la conservazione. Camminando sulla riva meridionale del Tamigi, in Londra, ci si può imbattere, all'interno dell'amalgama di edifici contemporanei senza anima e gusto, nel ricostruito Globe Theatre, il teatro dei tempi di Shakespeare, o nella conversione di un vecchio magazzino in un edificio per il commercio, dove poco si comprende della struttura e delle funzioni originarie. Oppure non è raro incontrare, in zone come Spitalfields o Brick Lane, vetrine di negozi o ristoranti in uno stile pseudo anni 50, tipo alcuni ambienti del film Le Fabuleaux Destin de Amelie Poulin, con le cornici in legno verniciate in tinte pastello, generalmente tendenti al grigio ed un'ambiente povero-chic, dove il povero sta nell'arredamento e lo chic nei prezzi.
Io mi chiedo. A che pro? Dal momento che poco o nulla è rimasto della città antica, sostituita da edifici via via più alti, in una gara fallica tra architetti in ansia da notorietà, a cosa serve ricostruire o alterare l'esistente in questa maniera? Dopo le brutture dei centri commerciali (la maggior parte direi) in cui le palme di plastica si mescolano alle finte pergole mediterranee ed alla rivisitazione di un'officina meccanica in un negozio di abbigliamento alla moda, tocca alle città?
E' questo che spetterà, prima o poi, anche alle nostre città d'arte, in Italia?

terça-feira, 1 de setembro de 2009

FOGLIETTONE

di Alessandro Robecchi

Silvio Bonaventura
Quanto girano i coglioni
a don Silvio Berlusconi
irritato dai giornali
chiama tutti i suoi sodali

Feltri, Minzo, Bonaiuti
Giulianone tra i più arguti,
hanno tutti un cervellone!
(Tutti, tranne Capezzone)

«Feltri, tu che sei gaglioffo
dài, sistemami quel Boffo!
Giulianone ti offro un pranzo
se sputtani quel D'Avanzo!»

«Normalmente la giustizia
mi procura l'itterizia,
ma stavolta - niente male -
mi rivolgo al Tribunale»

Dritto, magro, allampanato
ecco arriva l'avvocato.
Il suo nome ognun lo sa:
Eia Eia Mavalà

Dice: «Posso esser d'aiuto?»,
quello scheletro occhialuto.
«Attacchiamo i magistrati?
Parrucconi! Minorati!»

Ma lo ferma il presidente:
«Questa volta è differente.
Mi hanno messo sotto scacco?
E io passo al contrattacco»

Ore e ore di riunione
a cercar la soluzione:
tutti i modi e le maniere
per salvare il puttaniere

«Dopotutto che ho commesso?
Qualche cena e un po' di sesso!
Tanto i conti dei festini
li pagava Tarantini!»

«Ho mentito alla nazione?
perché tanta indignazione?
Ho intrapreso quel cammino
già dai tempi di Bettino!»

Lì, davanti ai suoi amici
pensa ai tempi suoi felici,
mentre ora - paradosso! -
stanno tutti a dargli addosso

Quante storie per Noemi!
Ma ci prendono per scemi?
Se nessuno ha fatto strali,
per le leggi personali!

La Gasparri, il Lodo Alfano
Tutti colpi da caimano!
E il Pd, per tradizione,
non ha fatto opposizione.

Poveretto, è proprio affranto,
nella voce mostra il pianto.
Non sconfitto dalle lotte:
ma da tre o quattro mignotte

Com'è triste quel marpione!
Quanta commiserazione.
Lo interrompe Mavalà:
presidente, senta qua!

Gran trovata da avvocato,
senta cosa ho elaborato
Frugano nelle mutande?
Quereliamo le domande!

Che incredibile trovata,
presto!, la carta bollata!
La Repubblica vedrà
un milione ci darà

Mentre scrivon la querela
un sorriso già trapela,
ma a metà di una frasetta
fa irruzione Gianni Letta:

«Disgraziato, deficiente!
Se lo prendo, quel fetente!»
Preoccupato Silvio fa:
«Calma, Letta, ma cos'ha!»

«Molti giorni ho lavorato
per avere il risultato.
Una piena assoluzione
per il tuo testosterone»

«Ma quel Feltri maledetto,
quello è un pessimo soggetto!
Oggi ha reso tutti vani
i miei sforzi vaticani!»

«Volgarmente, quale ardire
Ha attaccato l'Avvenire
L'indulgenza, vuoi vedere,
te la infili nel sedere!»

Silvio è triste e disperato
Pensa al grande elettorato:
il cattolico castiga
soprattutto per la figa!

Deficienti, ne ho abbastanza!
Guarda intorno nella stanza.
Ma tra grida, insulti e lutti
Se ne sono andati tutti

Resta solo, si deprime,
è la fine del regime.
Resta questa filastrocca
e la passione per la gnocca

Poi c'è pure una morale
pei lettori del giornale:
che soddisfazione magra,
Dongo è colpa del viagra

quarta-feira, 22 de julho de 2009

Abruzzo

Recentemente in uno dei forum cui ogni tanto partecipo, su internet, è stata aperta una discussione sull'Abruzzo e la ricostruzione dopo il terremoto.

La questione della ricostruzione è stato uno strumento cui gli esponenti del Governo, primo tra tutti il Presidente del Consiglio, hanno attinto a piene mani per farsi propaganda. Gli organi di informazione, per parte loro, rilanciano le note e le veline governative senza farsi molto scrupolo di verificare che siano corrispondenti alla realtà. Ecco che, quindi, secondo quanto scrive un "forumista" il 19 luglio erano già pronte delle case di nuova costruzione, inaugurate dal bravo Berlusconi e dal suo servizievole Bertolaso. Il tutto, in base al tizio di cui sopra, filmato da non so quale telegiornale della RAI.

Pur avendo poca esperienza nel settore delle costruzioni edili, gli anni passati a studiare ingegneria ed architettura mi hanno insegnato che un edificio non si erige in quattro/sei settimane, a meno che non si tratti di quei moduli prefabbricati che vengono utilizzati in via temporanea... difatti, leggendo i blog di alcuni abruzzesi ed i siti di alcuni organi di informazione indipendenti apprendo che sinora poco o nulla è stato fatto per consentire agli sfollati di avere presto un tetto sopra la testa, se non l'assegnazione dei lavori per l'edificazione di moduli provvisiori in legno. Peraltro non ancora pronti... Tralascio le polemiche sul mancato confronto di Bertolaso con i cittadini e gli enti locali.

Mi chiedo, dunque, con quale faccia certe persone, se vogliamo chiamarle così, sfruttano le disgrazie altrui per costruirsi un'immagine di politici competenti ed efficienti. Quale sia la dignità di chi disprezza il prossimo suo, offrendo il ridicolo spettacolo di un'informazione "ufficiale" che volutamente altera la realtà dei fatti. Per i cittadini di L'Aquila e dintorni è uno doppio schiaffo, la beffa dopo il danno.

terça-feira, 14 de julho de 2009

Katyn

Oggi mi sono iscritto alla catena di cinema Picturehouse, non molto diffusa sul territorio, soprattutto se confrontata con altre grandi reti. Ha il merito, perà, di offire spazio al cinema indipendente e a quello che, con un termine forse poco utilizzato al giorno d'oggi, può essere definito d'essay.

Ne ho approfittato per assistere ad un film al suo ultimo giorno di programmazione presso la sala di Southampton. Si chiama Katyn, è un film polacco che narra le vicende di una famiglia e di altri personaggi co-primari nel periodo che va dall'invasione tedesca della Polonia, nel settembre '39 al '45, con l'arrivo delle truppe sovietiche e la cacciata dei tedeschi. Il nome Katyn fa riferimento all'eccidio di circa diecimila ufficiali dell'esercito polacco ad opera dei sovietici (secondo quanto riferito dai tedeschi e la storiografia contemporanea), per eliminare un potenziale futuro nemico. I sovietici, per parte loro, affermarono si fosse trattato di un crimine commesso dalle truppe tedesche durante l'avanzata in territorio russo. E qui emerge il vuoto totale che noi (ex) studenti italiani abbiamo sulla storia della parte orientale del nostro continente, come del resto relativamente a tutto il resto del mondo extra-europeo ed extra USA. Sappiamo tutto sui peli del naso della gina Elisabetta I, su ogni singola battaglia della Guerra dei Cento Anni, sul numero di scarpe di Napoleone Bonaparte, ma veramente poco sul mondo oltre l'antica Cortina di Ferro...

Vivendo in Londra e, poi, in Southampton ho avuto modo di conoscere persone all'est europeo, soprattutto Lituani e Polacchi ed è interessante apprendere dell'esistenza di un regno di tipo federativo tra questi due popoli in epoca medioevale, o del tentativo di stato parlamentare tendenzialmente democratico nella Polonia del XVIII secolo...

Tornando al film, credo meriti essere visto sebbene, un po' per la sceneggiatura, un po' per la recitazione, scivoli troppo spesso nel melenso e nella retorica nazional-popolare cui anche noi, in Italia, siamo stati abituati da quelle mini-serie che prendono il nome di fiction. Personaggi abbastanza stereotipati e bidimensionali si trovano in situazioni abbastanza incredibili, che molto hanno della propaganda e poco della ricostruzioni storica. Un peccato.

segunda-feira, 29 de junho de 2009

Southampton

Today my second week in Southampton has started. The room I am renting is close to the waterfront and to the ferry pier, where sometimes I like going for a walk.

When I was a child and I spent summer holiday at the seaside, I really loved watching boats and ships in harbours, manouvring to approach to docks or to leave the ports. That's why I was excited when, a week ago I saw a container ship entering Southamton bay, pulled by two tugboats; I think I've never seen such a big ship... The following day, while walking down the footpath to the railway station I had an overview on the harbour, with the enormous ship from the previous day and a really big ocean liner.
Usually I try to figure what sailors might do, where they might come from and what their next goal could be...

Here are a few pictures I took while walkng along the seafront.




Isn't it amazing?

quarta-feira, 24 de junho de 2009

Southampton

Southampton è una città portuale sulla Manica, ad un centinaio di chilometri da Londra, verso sud ovest. Per motivi di lavoro mi sono trasferito qui, per i giorni feriali, mantenendo la base in Londra, dove Dan continua a vivere. Nuovamente, per motivi indipendenti dalle nostre volontà, ci troviamo a vivere distanti, sebbene sia facile per uno raggiungere l'altro in poco più di un'ora. Ad oltre tre anni dall'inizio del nostro rapporto, dopo due anni di emigrazione nel Regno Unito e quindici mesi di unione civile siamo ancora qui, trovando la nostra casa... mi pesa essere separato, sebbene la situazione attuale sia preferibile a quelle vissute in passato, di lontanza forzata e dalla durata ignota.

Sebbene abbia oltre duecentomila abitanti, mi ci è voluto poco per conoscere i luoghi basilari di Southampton: il centro, con la sua via commerciale, i suoi quattro "mall" ed i ruderi delle mura antiche; Ocean Village, frutto della gentrificazione di parte della vecchia area portuale, con ristoranti e locali "alla moda". Ci sono poi i tre grandi parchi urbani, uno a fianco dell'altro, il quartiere residenziale di Shirley, con la sua arteria commerciale ed infine un'enorme distesa di casette con giardino, intervallate dagli edifici dell'Università, da qualche supermercato e negozietto. Antonio, un mio coinquilino italiano, e Nadia, la mia padrona di casa russo-lituana, pare non apprezzino molto questa città, che non sembra offrire molto ai giovani in termini di svago. Spero si sbaglino, comunque avrò tempo per valutare e verificare.

quarta-feira, 27 de maio de 2009

Ivan Della Mea su ilManifesto

Oggi ho letto un articolo di Ivan Della Mea sulla strage di Piazza della Loggia a Brescia (1974), mi è piaciuto, ho trovato interessante l'analisi che propone di quell'avvenimento e di tutto il periodo degli Anni di Piombo.
Una chiara e definitiva verità, giuridica e politica, non è mai emersa; questo fa sì che oggi ci siano persone, guarda caso per lo più di Destra, che ci invitano a porre quegli anni alle spalle e gettano dubbi sulla reale matrice di quella stagione, negando addirittura la possibilità di un disegno unico dietro le varie bombe. Proprio per evitare che questo revisionismo, come quello attuato per cercare di dare una facciata rispettabile al Fascismo, prenda il sopravvento e cancelli la memoria, desidero copiare quell'articolo, a futura memoria.

Le bombe che scoppiano ogni giorno
Ventotto maggio 1974. Brescia, Piazza della Loggia. Comizio sindacale, parla, se ricordo bene, Franco Castrezzati sindacalista della Cisl. Ore 10, 12. Scoppia la bomba piazzata in un cestino in fondo alla piazza: 8 morti, un centinaio di feriti. Tutti gli anni i compagni di Brescia mi vogliono nella ricorrenza. Tutti gli anni devo cantare «Ringhera» una ballata che ricorda l'evento. Lo farò anche quest'anno.
Epperò, da tempo, un pensiero m'intriga. Davvero la bomba è scoppiata in quel giorno a quell'ora. Sì e anche no: non è vero. E non è questione che riguardi la miseria mascalzona di una giustizia mai fatta e forse mai voluta fare.
Per me, dentro di me, quella bomba come tutte le bombe da Piazza Fontana in poi, fino all'Italicus, fino alla stazione di Bologna, continuano a scoppiare, scoppiano sempre, ogni giorno: non sono una memoria storica, no, sono una presenza viva.
E mi sta bene che sia così: le memorie ancorché storiche prendono via via la patina del tempo, si smussano, piano piano rientrano nella banda di compatibilità senza più punte verso l'alto e verso il basso: fanno la linea grigia dell'assuefazione che apre la via della rimozione.
No, non rimuovo, non dobbiamo rimuovere; non c'è contabilità a pareggio tra brigatismo rosso e terrorismo nero per la stessa fermissima ragione per la quale non può esserci, signor Presidente, pari e patta, cunetta e dosso, tra i morti partigiani e i morti repubblichini fascisti.
La bomba di Brescia, di quella sto parlando come segno di tutte le bombe stragiste, deve continuare a scoppiare dentro di noi per imporci di ragionare sull'eversione di destra, sulla progressiva vanificazione di tutte le conquiste dei lavoratori, sull'azzeramento dello Statuto stesso dei lavoratori, sull'inizio di quel processo di omologazione che Pier Paolo Pasolini (1974, stesso anno) definì demofascismo e che non si è fermato nonostante le vittorie delle grandi battaglie sociali: divorzio e aborto; è andato avanti fino a esaltarsi e ad avanzare con progressione geometrica dopo il mancato sorpasso del Pci (1976), fino a diventare il democlericofascismo che oggi si vive.
E la bomba infame e tutte le bombe ancora mi scoppiano dentro vedendo la disunità microcosmica dei partiti della sinistra, la loro incapacità di opposizione dura, costante, l'assenza di un progetto politico e culturale capace di promuovere la solidarietà, la fratellanza, l'ascolto, la tolleranza nei confronti di tutte e dico tutte, le diversità.
Davvero non se ne può più e in giro c'è molta sofferenza umana e altrettanta insofferenza politica: perché io so che i precari non ne possono più e che anche i pensionati cominciano a incazzarsi di brutto e sarà anche bellissimo, e lo è, che l'80 per cento di italiani siano proprietari di casa (non so quanti con mutui), ma avere la casa e anche un tavolo con le sedie e anche i piatti e la miseria siccome primo e secondo e frutta non fa bello, proprio no.
Anche per queste ragioni quella bomba continua a scoppiarmi dentro poiché l'unica democrazia per me concepibile è quella che si pone il compito di liberare l'uomo dal bisogno e financo dal bisogno del bisogno e, dunque, il 28 maggio tornerò in Piazza della Loggia per cantare contro quella bomba del 1974 che è gemella della bomba che ho dentro nel 2009, ma concluderò riproponendo la lotta amata con le «scarpe rotte» e con la coscienza che «bisogna andar».

sexta-feira, 8 de maio de 2009

Riporto qui un articolo di Eduardo Galleano pubblicato su ilManifesto del 7 maggio '09.
Mi riconosco nei quesiti che pone e nelle considerazioni che esprime, tuttavia lui ha un talento letterario che non ho, quindi lascio alle sue parole il mio pensiero.

Scusate IL DISTURBO
Chi è terrorista? Colui che lancia le scarpe o colui che le riceve? Perché non sono in carcere gli autori delle stragi più feroci? Queste e tante altre domande sulla giustizia ingiusta nel mondo che funziona alla rovescia
Voglio condividere alcune domande, idee che mi ronzano in testa.
È giusta la giustizia? È salda sulle sue gambe la giustizia del mondo alla rovescia?
Il lanciascarpe dell'Iraq, colui che tirò le scarpe contro Bush, è stato condannato a tre anni di carcere. Non meritava invece una onorificenza?
Chi è il terrorista? Colui che lancia le scarpe o colui che le riceve? Non è forse colpevole di terrorismo il serial killer che, mentendo, inventò la guerra dell'Iraq, assassinò un mucchio di gente, legalizzò la tortura e ordinò di utilizzarla?
Sono forse colpevoli gli abitanti di Atenco, nel Messico, o gli indigeni mapuches del Cile, o gli kekchíes del Guatemala, o i contadini senza terra del Brasile, tutti accusati di terrorismo per aver difeso il loro diritto alla terra? Se la terra è sacra, anche se la legge non lo dice, non sono forse sacri pure coloro che la difendono?
Secondo la rivista Foreign Policy, la Somalia è il posto più pericoloso di tutti. Ma chi sono i pirati? I morti di fame che assaltano le navi, o gli speculatori di Wall Street, che da anni assaltano il mondo e adesso ricevono ricompense multimilionarie per le loro fatiche?
Perché mai il mondo premia coloro che lo spogliano?
Perché mai la giustizia è cieca da un occhio solo?
Walmart, l'impresa più potente di tutte, proibisce i sindacati.
MacDonald's pure.
Perché mai queste imprese violano, con delinquente impunità, la legge internazionale? Sarà forse perché nel mondo di oggigiorno il lavoro vale meno della spazzatura, e ancora meno valgono i diritti dei lavoratori?
Chi sono i giusti, e chi sono gli ingiusti?

Gli intoccabili delle cinque potenze

Se la giustizia internazionale esiste davvero, perché non giudica mai i potenti? Non sono in prigione gli autori delle stragi più feroci. Sarà forse perché sono loro ad avere le chiavi delle prigioni?
Perché mai sono intoccabili le cinque potenze che hanno il diritto di veto alle Nazioni Unite?
Quel diritto ha forse un'origine divina? Vegliano forse sulla pace coloro che fanno gli affari della guerra? È forse giusto che la pace mondiale dipenda dalle cinque potenze che sono le principali produttrici di armi? Senza disprezzare i narcotrafficanti, non è anche questo un caso di «crimine organizzato»?
Ma non pretendono il castigo contro i padroni del mondo le grida di coloro che, dappertutto, chiedono la pena di morte. Ci mancherebbe altro. Le grida gridano contro gli assassini che usano il coltello, non contro quelli che usano missili.
E io mi domando: giacché quei giustizieri hanno una voglia matta di uccidere, perché mai non chiedono la pena di morte contro l'ingiustizia sociale? È forse giusto un mondo che ogni minuto destina tre milioni di dollari alle spese militari, mentre ogni minuto muoiono quindici bambini per fame o malattia curabile? Contro chi si arma, fino ai denti, la cosiddetta comunità internazionale? Contro la povertà o contro i poveri?

Il crimine della pubblicità

Perché mai i fervidi sostenitori della pena capitale non chiedono la pena di morte contro i valori della società dei consumi, che quotidianamente attenta contro la pubblica sicurezza? O non invita forse al crimine il bombardamento della pubblicità che stordisce milioni e milioni di giovani disoccupati, o mal pagati, ripetendogli giorno e notte che essere è avere, avere un'automobile, avere scarpe di marca, avere, avere, e che chi non ha non è?
E perché mai non si stabilisce la pena di morte contro la morte? Il mondo è organizzato al servizio della morte. O non fabbrica forse morte l'industria militare, che divora la maggior parte delle nostre risorse e buona parte delle nostre energie? I padroni del mondo condannano la violenza solo quando la esercitano altri. E questo monopolio della violenza si traduce in un fatto inspiegabile per gli extraterrestri, e anche insopportabile per noi terrestri che, contro ogni certezza, vogliamo ancora sopravvivere: noi uomini siamo gli unici animali specializzati nello sterminio reciproco, e abbiamo sviluppato una tecnologia della distruzione che, en passant, sta distruggendo il pianeta e tutti i suoi abitanti.

I dittatori della paura

Quella tecnologia si alimenta di paura. È la paura che fabbrica i nemici che giustificano lo spreco militare e poliziesco. E già che ci siamo con la pena di morte, perché mai non condanniamo a morte la paura? Non sarebbe forse sano farla finita con questa dittatura universale degli spaventatori professionali? Coloro che seminano il panico ci condannano alla solitudine, ci proibiscono la solidarietà: si salvi chi può, schiacciatevi reciprocamente, il prossimo è sempre un pericolo in agguato, occhio, fa' molta attenzione, questo ti ruberà, quello ti violenterà, quella carrozzina nasconde una bomba musulmana e se quella donna ti guarda, quella vicina dall'aspetto innocente, di sicuro ti attacca la peste suina.
Nel mondo alla rovescia, fanno paura anche i più elementari atti di giustizia e il buon senso.

L'ordine razzista tradizionale

Quando il presidente Evo Morales iniziò la rifondazione della Bolivia, perché questo paese di maggioranza indigena smettesse di avere vergogna di guardarsi allo specchio, provocò il panico. Questa sfida era catastrofica dal punto di vista dell'ordine razzista tradizionale, che diceva di essere l'unico ordine possibile: Evo portava con sé il caos e la violenza, e per colpa sua l'unità nazionale sarebbe esplosa in mille pezzi. E quando il presidente dell'Ecuador Rafael Correa annunciò che si rifiutava di pagare i debiti non pertinenti, la notizia diffuse il panico nel mondo finanziario e l'Ecuador venne minacciato di castighi terribili per aver dato un esempio così cattivo. Se le dittature militari e i politici ladri sono stati sempre coccolati dalla Banca Mondiale, non ci siamo forse ormai abituati ad accettare come fatalità del destino che il popolo paghi il bastone che lo colpisce e l'avidità che lo saccheggia?
Ma non sarà che il buon sen so e la giustizia hanno divorziato per sempre?
Ma non erano forse nati per camminare insieme, vicini vicini, il buon senso e la giustizia?
Non è forse giusta e di buon senso quella frase delle femministe per cui se noi maschi rimanessimo incinta, l'aborto sarebbe libero? Perché mai non si legalizza il diritto all'aborto? Sarà forse perché allora smetterebbe di essere il privilegio delle donne che possono pagarlo e dei medici che possono farlo pagare?

Perché non si legalizza la droga?

La stessa cosa accade con un altro scandaloso caso di negazione della giustizia e del buon senso: Perché mai non si legalizza la droga? Non è forse, come l'aborto, un tema di salute pubblica? E il paese con più drogati che razza di autorità morale possiede per condannare coloro che riforniscono la sua domanda? E perché i grandi mezzi di comunicazione, così consacrati alla guerra contro il flagello della droga, non dicono mai che proviene dall'Afganistan quasi tutta l'eroina che si consuma al mondo? Chi governa in Afganistan? Non è forse quello un paese militarmente occupato dal messianico paese che si attribuisce la missione di salvarci tutti?
Perché mai non si legalizzano le droghe una volta per tutte? Non sarà forse perché forniscono il pretesto migliore per le invasioni militari, oltre a fornire i guadagni più succulenti alle grandi banche che di notte lavorano come lavanderie?
Adesso il mondo è triste perché si vendono meno auto. Una delle conseguenze della crisi mondiale è la caduta della prospera industria dell'automobile. Se avessimo qualche briciola di buon senso, e un pochettino di senso della giustizia non dovremmo forse celebrare quella buona notizia? La diminuzione delle automobili non è forse una buona notizia, dal punto di vista della natura, che sarà un po' meno avvelenata, e da quello dei pedoni che moriranno un pochino meno?

Ma la Storia non finisce

Secondo Lewis Carroll, la Regina spiegò ad Alice come funziona la giustizia nel paese delle meraviglie:
È là - disse la Regina-. È rinchiuso in prigione, scontando la sua condanna; ma il processo non inizierà fino a mercoledì prossimo. E, naturalmente, il crimine sarà commesso alla fine.
Nel Salvador, l'arcivescovo Oscar Arnulfo Romero constatò che la giustizia, come il serpente, morde solo gli scalzi. Lui morì a colpi d'arma da fuoco, per aver denunciato che nel suo paese gli scalzi nascevano condannati in partenza, colpevoli di esser nati. Il risultato delle recenti elezioni nel Salvador non è forse in qualche modo un omaggio? Un omaggio all'arcivescovo Romero e alle migliaia che, come lui, morirono lottando per una giustizia giusta nel regno dell'ingiustizia?
A volte finiscono male le storie della Storia; ma lei, la Storia, non finisce.
Quando dice addio, dice arrivederci.

traduzione Marcella Trambaioli

terça-feira, 5 de maio de 2009

1 maggio

Quest'anno ho festeggiato la Festa dei Lavoratori in Italia, a Torino. Direi, innanzitutto, che quest'anno ho festeggiato il 1 maggio. Perchè nel Regno Unito si lavora come un qualsiasi altro giorno del mese; in Londra si tiene una manifestazione che vede partecipare movimenti e partiti di Sinistra oltre ad alcune organizzazioni sindacali ma, considerate le dimensioni della metropoli, è un evento di scarso rilievo, per lo meno se raffrontate con alcune realtà del Continente.

Paola, Letizia ed altre persone che ho incontrato al corteo mi hanno fatto notare come la partecipazione e la passione fossero minori rispetto ad alcuni anni fa, prima della terza vittoria della Destra. Tuttavia, raffrontando la situazione torinese con quella londinese, direi che una manifestazione popolare di venti o trentamila persone in una città di meno di un milione di abitanti è degna di nota e tutt'altro che piccola. Certamente sono lontani i tempi, mai vissuti da me, delle folle piene di rabbia e speranza degli anni Settanta, molte persone che appartengono alla classe lavoratrice e/o si riconosce nei principi e nei valori socialisti disertano la manifestazione, preferendo sfruttare il fine settimana lungo per una breve vacanza o per trascorrere del tempo con la famiglia. Purtroppo si predilige l'aspetto Privato, il proprio piccolo nucleo, come se il Pubblico, volenti o nolenti, non influenzasse la nostra vita quotidiana... e i partiti di Sinistra non aiutano i cittadini ad assumere questa consapevolezza.
Spero solo che l'Italia non divenga come il Regno Unito: omologata.

quinta-feira, 23 de abril de 2009

Casa nuova

Da una paio di mesi ci siamo trasferiti in un nuovo appartamento. E' in un condominio al quinto piano e, considerando che eneralmente le abitazioni qui sono di due piano, abbiamo una bella vista. In un bel mattino di soleho scattato alcune foto che riporto qui.


terça-feira, 21 de abril de 2009

Eureka!

Aprendo il blog ho letto l'ultimo messaggio lasciato da me alcune settimane fa e, neanche a dirlo, mi appresto oggi a scrivere il presente messaggio nel primo giorno in cui abbiamo la linea in casa. Dopo oltre sessanta giorni...! Alla faccia della tecnologia avanzata!
Ora finalmente non devo dipendere da altri per l'accesso alla rete. Da quello che Daniel mi racconta, in Brasile se la compagnia telefonica non è in grado di fornire il servizio entro sette giorni dalla richiesta del cliente, l'autorità garante dei consumatori sanziona la compagnia. Sembra fantascienza...

Un paio di giorni fa Daniel è entrato nella sala canticchiando "La locomotiva" di Guccini, cogliendomi di sopresa, perché non pensavo a lui piacesse questo cantautore e di rado ascoltiamo brani di cantautori italiani in casa. Mi ha fatto piacere, mi ha toccato nel mio intimo, soprattutto perché Dan ritiene il testo sia molto bello.
Tutto ciò mi ha portato alla mente il racconto che qualcuno, forse Cecio, mi aveva fatto anni fa, secondo cui era possibile, almeno in passato, incotrare Guccini cantando nelle cantine e nelle osterie bolognesi con altri avventori. Di Bologna ho sempre avuto un'immagine che, nella realtà delle mie visite, è stata contraddetta: una città dove la creatività degli studenti e la passione politica di molti suoi cittadini si univano per dare vita un contesto vivace, ricco culturalmente, ma allo stesso tempo semplice, popolare. Sinceramente all'atto pratico questa immagine è svanita, particolamente durante la mia prima visita, una dozzina di anni fa, con Steve. Ricordo l'aria da città "pulita", borghese, "milanese" come commentammo allora tra noi, mentre passavamo di fronte ad un gruppo di adolescenti ben vestiti fuori da un ristorante fast food. E a quel tempo Guazzaloca non era stato ancora eletto, la Sinistra locale e nazionale non avevano ricevuto quella forte batosta che li colse un giorno di giugno del '99... Mi sono sempre chiesto se avessimo avuto un'impressione errata durante quella nostra gita di un giorno, o se fosse errata la mia fantasia sulla città.
Quel giorno ritornai a Torino con l'idea di vivere in un città speciale, che ancora non aveva subito quella normalizzazione di locali alla moda, tutti uguali tra loro, di false antiche vinerie, di eventi culturali da prima serata su una rete televisiva, con grandi nomi e poca creatività. Per un po' saremmo stati salvi.

quinta-feira, 12 de março de 2009

L'era della comunicazione

Da almeno una decina di anni siamo bombardati da messaggi su come sia facile comunicare oggi, su come questa sia l'epoca della comunicazione. Non lo metto in dubbio, ma quanti hanno poi veramente accesso a questa comunicazione? Dal momento in cui tutto e' profitto, tolta l'aria che respiriamo (per il momento), l'accesso alla comunicazione e' vincolata alla disponibilita' economica delle persone... quindi, non sono tutte ciance quelle sull'era della comunicazione?

Questa breve ed incazzosa riflessione mi e' sorta dopo un travaso di bile con la compagnia telefonica ex statale del Regno Unito. Come in Italia questa compagnia e' rimasta proprietaria della rete, costruita con denaro pubblico a suo tempo ed ora messa a disposizione di uno solo dei competitori del mercato. Alla faccia della concorrenza.

Nel nuovo appartamento non c'e' la linea, per cui abbiamo richiesto l'allacciamento. ci vogliono almeno due settimane dalla richiesta, piu' 120 sterline per il servizio, nonostante ci siano gia' i cavi. Dopo di che si scopre che il palazzo e' scollegato dalla rete principale... ma non e' interesse loro che il palazzo sia collegato cosi' possono avere piu' clienti? Vai a capire... Oltre a cio' ci e' stato detto hce per un anno dobbiamo tenerci il contratto con la compagnia proprietaria della rete; quindi, che faccia schifo o meno, dobbiamo tenerci il servizio per almeno un anno, foraggiando la compagnia che utilizza una rete presa dallo Stato.
Nno fa girare le palle???!!!

Sta di fatto che utilizzo il tempo dopo il lavoro per scrivere dal pc del mio ufficio... viva l'era della comunicazione!

Saluti a tutti.

domingo, 1 de fevereiro de 2009

la madre dei cretini...

Venerdì sera Dan ed io eravamo in casa ad impigrirci con la tv accesa.
Dopo la nostra sit com è iniziato, inaspettatamente, il nuovo programma di Paris Hilton... aaaaaaaarh! ma che diamine avrà da dire quella dolce e decerebrata ragazza?!!! Come ci si aspetterebbe, nulla.
Secondo la finzione del programma, ha deciso di cercare la migliore amica in Gran Bretagna e quindi ha selezionato una decina di mentecatti tra alcune centinaia di aspiranti... uno più deficiente dell'altro, presi da sé stessi, con la faccia di tola di negare che l'unico loro interesse sia diventare famosi o diventare amici di una persona famosa, nella speranza di arricchirsi...
Per un'oretta un continuo susseguirsi di cellulari diamantati, appartamenti osceni, auto enormi e tanta idiozia. Come si può concepire un programma così? A maggior ragione con tante persone senza un impiego? Non è un insulto all'intelligenza ed alla povertà? Come si può elevare a modello una cretina per il semplice fatto che sa fare bene i p.....i? uhm uhm... beh qualcuno ha fatto ben di peggio, ha dato ad un personaggio simile un ministero...
Comunque, il mondo che la TV britannica mostra sembra privo di persone povere o con altre aspirazioni nella vita che non siano comprare un appartamento a Dubai, sottoporsi a chirurgia plastica o sfondare come cantante... datemi una lametta che mi taglio le vene!